Stamattina, quando Marta è uscita di casa con il nonno per andare all'asilo, Marghe ha gattonato fino all' ingresso e, tiratasi in piedi, batteva con le manine sulla porta urlando disperata: "Tatta!!!" (Marta)
Quando la sera porto Marghe in cucina per darle la cena, interrompendo i giochi con la sorellona, Marta si ribella: " Dammi la MIA Lalla!" (Marta la chiama Lalla dal primo momento che l'ha vista in ospedale)
Quanto siete belle?
ma anche come Marta, Margherita e Matilde, i miei tre fiorellini e come Marco, il mio gigante buono!
martedì 25 ottobre 2011
lunedì 24 ottobre 2011
Quello che le (tante) mamme non dicono.
Tante, perchè sono 7 su 10.
La notizia della mamma accusata della morte del figlio di 16 mesi, annegato al largo del mare di Grosseto lo scorso Agosto mi fa riflettere ulteriormente sull’argomento baby-blues.
Quando sei incinta tutti ti parlano dei mille aspetti postivi e negativi della maternità ma questo argomento resta tabù. Forse si affronta un po’ durante il corso pre-parto, ma non ho mai conosciuto nessuna che mi abbia raccontato la propria esperienza…e mi chiedo come sia possibile visto che, ripeto, 7 donne su 10 soffrono di depressione post-partum. Certo, senza arrivare agli estremi di Cogne o di questo nuovo caso…ma non è possibile che io abbia sempre incontrato quelle 3 fortunate mamme che hanno vissuto i primi mesi con serenità e gioia.
Ho la sensazione che ci si vergogni un po’, non lo si voglia ammettere…che il senso di colpa che accompagna le mamme si faccia vivo anche e soprattutto su questo argomento. E si taccia.
Per me non va così: dopo averlo vissuto sulla mia pelle, sia la prima che la seconda volta, ho il desiderio di raccontarlo alle neo-mamme perché, quando è successo, mi avrebbe fatto piacere che qualcuno mi avesse detto che era NORMALE.
È normale sentirsi tristi, inadeguate, spaventate. Perchè l’istinto materno non arriva per tutte subito, come un colpo di fulmine quando vedi tuo figlio. Perché il senso di colpa ti opprime quando tutti intorno a te sono euforici e tu, che dovresti essere quella più felice non lo sei.
È normale desiderare di tornare indietro, quando le attenzioni erano per te, mentre adesso le persone si accorgono solo che sei distrutta e ti dicono “E riposati, che ne hai bisogno!” (ma và? Pensa che invece mi diverto ad alzarmi 3-4 volte la notte”!), “ ma quanta pancia che ti è rimasta, come mai?” ( forse perché ho partorito solo da due mesi?), “E va bè, che sarà mai, i figli li abbiamo avuti tutti”.
È normale piangere per delle sciocchezze, perché fuori piove, perché sono le sei di sera e sai che tra poco inizierà quell’ora tremenda in cui le coliche trasformeranno tuo figlio in un mostro urlante, disperato, inconsolabile e renderanno te ansiosa, impotente ed esausta.
La depressione post-partum ti trasforma in qualcosa che non pensavi mai di poter diventare: sono una persona sempre di buon umore, mi è facile vedere il bicchiere mezzo pieno…ma in quel periodo ho pianto tutti i giorni, più volte al giorno, mi hanno ferito frasi e commenti che, a ragionarci dopo, dovevano essere presi con molta più serenità, dando il peso giusto ( a volte nullo, viste le persone da cui provenivano).
Odio sentire la frase “ io non avevo tempo di farmi venire la depressione”, come se fosse uno stato che colpisce le mamme più “fortunate” e assistite…anche io non avevo tempo, neanche di farmi una doccia in pace, ma la depressione mi è venuta lo stesso.
Di quel periodo ricordo però con tenerezza gli gnocchi al pesto fatti da Marco con le sue mani…lo devo ringraziare perchè ha sempre consolato i miei pianti e ascoltato le mie paranoie….
Più che puntare il dito contro queste madri assassine bisognerebbe allora prendersela con i mariti, le neo-nonne, le amiche…quanti, alla vista di una mamma con un neonato alzano lo sguardo e le chiedono “come stai?” prima di tuffarsi con la testa nella carrozzina? Quanti si interrogano sugli effetti di un banale consiglio, di una innocua osservazione?
Dopo esserci passata sinceramente non me la sento di incolpare più di tanto queste madri; certo, chi ci ha rimesso sono i loro piccoli…ma quanto dev’essere infelice una madre che annega un bambino di 16 mesi, che parla, cammina, mostra già una propria personalità?
(Non che sia meno grave uccidere un neonato, ma mi fa impressione pensare ad una disperazione così grande da portarti ad uccidere un bambino all’inizio di quella che sarà l’eta più tenera e dolce…quando inizia a chiamarti mamma e mostra affetto per te).
Alle neo-mamme dico di tirare fuori tutto quello che provano, di non spaventarsi e di avere pazienza…fortunatamente in un mese o poco più tutto passa e si torna più felici di prima.
La notizia della mamma accusata della morte del figlio di 16 mesi, annegato al largo del mare di Grosseto lo scorso Agosto mi fa riflettere ulteriormente sull’argomento baby-blues.
Quando sei incinta tutti ti parlano dei mille aspetti postivi e negativi della maternità ma questo argomento resta tabù. Forse si affronta un po’ durante il corso pre-parto, ma non ho mai conosciuto nessuna che mi abbia raccontato la propria esperienza…e mi chiedo come sia possibile visto che, ripeto, 7 donne su 10 soffrono di depressione post-partum. Certo, senza arrivare agli estremi di Cogne o di questo nuovo caso…ma non è possibile che io abbia sempre incontrato quelle 3 fortunate mamme che hanno vissuto i primi mesi con serenità e gioia.
Ho la sensazione che ci si vergogni un po’, non lo si voglia ammettere…che il senso di colpa che accompagna le mamme si faccia vivo anche e soprattutto su questo argomento. E si taccia.
Per me non va così: dopo averlo vissuto sulla mia pelle, sia la prima che la seconda volta, ho il desiderio di raccontarlo alle neo-mamme perché, quando è successo, mi avrebbe fatto piacere che qualcuno mi avesse detto che era NORMALE.
È normale sentirsi tristi, inadeguate, spaventate. Perchè l’istinto materno non arriva per tutte subito, come un colpo di fulmine quando vedi tuo figlio. Perché il senso di colpa ti opprime quando tutti intorno a te sono euforici e tu, che dovresti essere quella più felice non lo sei.
È normale desiderare di tornare indietro, quando le attenzioni erano per te, mentre adesso le persone si accorgono solo che sei distrutta e ti dicono “E riposati, che ne hai bisogno!” (ma và? Pensa che invece mi diverto ad alzarmi 3-4 volte la notte”!), “ ma quanta pancia che ti è rimasta, come mai?” ( forse perché ho partorito solo da due mesi?), “E va bè, che sarà mai, i figli li abbiamo avuti tutti”.
È normale piangere per delle sciocchezze, perché fuori piove, perché sono le sei di sera e sai che tra poco inizierà quell’ora tremenda in cui le coliche trasformeranno tuo figlio in un mostro urlante, disperato, inconsolabile e renderanno te ansiosa, impotente ed esausta.
La depressione post-partum ti trasforma in qualcosa che non pensavi mai di poter diventare: sono una persona sempre di buon umore, mi è facile vedere il bicchiere mezzo pieno…ma in quel periodo ho pianto tutti i giorni, più volte al giorno, mi hanno ferito frasi e commenti che, a ragionarci dopo, dovevano essere presi con molta più serenità, dando il peso giusto ( a volte nullo, viste le persone da cui provenivano).
Odio sentire la frase “ io non avevo tempo di farmi venire la depressione”, come se fosse uno stato che colpisce le mamme più “fortunate” e assistite…anche io non avevo tempo, neanche di farmi una doccia in pace, ma la depressione mi è venuta lo stesso.
Di quel periodo ricordo però con tenerezza gli gnocchi al pesto fatti da Marco con le sue mani…lo devo ringraziare perchè ha sempre consolato i miei pianti e ascoltato le mie paranoie….
Più che puntare il dito contro queste madri assassine bisognerebbe allora prendersela con i mariti, le neo-nonne, le amiche…quanti, alla vista di una mamma con un neonato alzano lo sguardo e le chiedono “come stai?” prima di tuffarsi con la testa nella carrozzina? Quanti si interrogano sugli effetti di un banale consiglio, di una innocua osservazione?
Dopo esserci passata sinceramente non me la sento di incolpare più di tanto queste madri; certo, chi ci ha rimesso sono i loro piccoli…ma quanto dev’essere infelice una madre che annega un bambino di 16 mesi, che parla, cammina, mostra già una propria personalità?
(Non che sia meno grave uccidere un neonato, ma mi fa impressione pensare ad una disperazione così grande da portarti ad uccidere un bambino all’inizio di quella che sarà l’eta più tenera e dolce…quando inizia a chiamarti mamma e mostra affetto per te).
Alle neo-mamme dico di tirare fuori tutto quello che provano, di non spaventarsi e di avere pazienza…fortunatamente in un mese o poco più tutto passa e si torna più felici di prima.
venerdì 14 ottobre 2011
Quando una nonna diventa bisnonna, quando una mamma diventa una nonna...
La mia nonna, dunque. La nonna-bis delle mie bimbe. La donna più maschilista che io conosca: “il mondo va male da quando le donne vogliono comandare!”.
Colei che mi ha insegnato a pregare, che ha giocato infinite volte con noi nipoti a carte, tentando invano di farci scoprire nuovi giochi oltre rubamazzetto (ricordo vagamente un sicilianissimo “ti vitti”), che ci faceva fare il girotondo nell’ingresso, che ci raccontava filastrocche in dialetto con qualche parolaccia nascosta e –allora- incomprensibile; La classica nonna del “mangia, mangia che sei giovane e devi crescere, mica come me che ormai son vecchia” pur essendo una nonna con poco più di 50 anni.
Di lei ricordo le notti nel lettone morbidissimo (altro che doghe e materassi con la memoria), le passeggiate in montagna durante le quali si aggirava per i prati in cerca di qualche erbetta da “ruminare”, l’uovo sbattuto come panacea per tutti i malesseri, un orologio a pendolo che suona ad ogni ora del giorno e della notte, la collezione di elefanti di vetro, la caparbietà nell’insegnarci l’uncinetto, la sua spudorata preferenza per mio fratello, unico nipote maschio;
Ricordo una sera, ormai grande, trascorsa da lei come tappa intermedia tra la vacanza al mare e quella in montagna, in cui dopo la doccia si mise a pettinarmi i capelli che sembrava una scena d’altri tempi…fu un momento in cui chiusi gli occhi e decisi di assaporare ogni colpo di spazzola, perché sapevo che sarebbe rimasto uno dei momenti più preziosi da ricordare.
In questo momento porto una collanina che mi regalò per la maturità dicendo che non avrebbe badato a spese per la sua prima nipote diplomata.. “che chissà se per la laurea ci sarò ancora”…e son passati 10 anni e una laurea, un matrimonio e due bis-nipotine!
Ecco, le bis-nipotine…quando le abbiamo dato la notizia che sarebbe diventata bis-nonna la sua reazione non fu proprio entusiasta (forse si è sentita davvero vecchia), anche perché-maschilista com’è-avrebbe avuto una bis-nipote fimmina…ma qualche tempo fa, riferendosi a Marta, ha detto qualcosa che la ha pienamente riscattata: “è proprio una gioia, non mi stancherei mai di guardarla!”
Ma nonni sono anche i miei genitori…
Mio papà, uomo di ghiaccio fuori casa, pezzo di pane dentro casa, da quando è nonno è caduto in vortice di gioiosa irresponsabilità che lo rende compagno di giochi perfetto, alleato omertoso nelle monellerie, zerbino consapevole e schiavo di due nanette che fanno neanche 4 anni insieme…
Essere diventato nonno gli ha dato più gioia ancora del vedermi cresciuta, laureata e sistemata…credo che una delle sue paure più grandi fosse quella di andarsene senza aver conosciuto i suoi nipoti visto che ha perso suo papà prima ancora di sposarsi…
Mia mamma è stata una sorpresa in evoluzione perché pur avendo perso la testa anche lei per le marmocchie, il suo atteggiamento nei miei confronti è passato gradualmente da mamma ad alleata, come se all’inizio avesse paura che io non potessi farcela mentre adesso ha capito che può rilassarsi e fare la nonna e non la mamma al quadrato.
Con le nipotine è mooolto paziente e dolce ma sa anche far rispettare le regole e poi da brava prof trova gusto nel spiegare il perché e il percome di tante cose…
Certo, anche lei spesso si perde nel vortice e diventa zerbino (ma con dignità), anche lei si trasforma nella nonna-melassa: “queste bambine sono precocissime/intelligentissime/ha detto “nonna” (a due mesi) gliel’ho insegnato io!/io non ho MAI visto una bambina così sveglia!” (grazie)
Questo post lo dedico a loro, alla loro gioia e al loro entusiasmo ma anche alla loro forza che è in parte anche la mia.
Colei che mi ha insegnato a pregare, che ha giocato infinite volte con noi nipoti a carte, tentando invano di farci scoprire nuovi giochi oltre rubamazzetto (ricordo vagamente un sicilianissimo “ti vitti”), che ci faceva fare il girotondo nell’ingresso, che ci raccontava filastrocche in dialetto con qualche parolaccia nascosta e –allora- incomprensibile; La classica nonna del “mangia, mangia che sei giovane e devi crescere, mica come me che ormai son vecchia” pur essendo una nonna con poco più di 50 anni.
Di lei ricordo le notti nel lettone morbidissimo (altro che doghe e materassi con la memoria), le passeggiate in montagna durante le quali si aggirava per i prati in cerca di qualche erbetta da “ruminare”, l’uovo sbattuto come panacea per tutti i malesseri, un orologio a pendolo che suona ad ogni ora del giorno e della notte, la collezione di elefanti di vetro, la caparbietà nell’insegnarci l’uncinetto, la sua spudorata preferenza per mio fratello, unico nipote maschio;
Ricordo una sera, ormai grande, trascorsa da lei come tappa intermedia tra la vacanza al mare e quella in montagna, in cui dopo la doccia si mise a pettinarmi i capelli che sembrava una scena d’altri tempi…fu un momento in cui chiusi gli occhi e decisi di assaporare ogni colpo di spazzola, perché sapevo che sarebbe rimasto uno dei momenti più preziosi da ricordare.
In questo momento porto una collanina che mi regalò per la maturità dicendo che non avrebbe badato a spese per la sua prima nipote diplomata.. “che chissà se per la laurea ci sarò ancora”…e son passati 10 anni e una laurea, un matrimonio e due bis-nipotine!
Ecco, le bis-nipotine…quando le abbiamo dato la notizia che sarebbe diventata bis-nonna la sua reazione non fu proprio entusiasta (forse si è sentita davvero vecchia), anche perché-maschilista com’è-avrebbe avuto una bis-nipote fimmina…ma qualche tempo fa, riferendosi a Marta, ha detto qualcosa che la ha pienamente riscattata: “è proprio una gioia, non mi stancherei mai di guardarla!”
Ma nonni sono anche i miei genitori…
Mio papà, uomo di ghiaccio fuori casa, pezzo di pane dentro casa, da quando è nonno è caduto in vortice di gioiosa irresponsabilità che lo rende compagno di giochi perfetto, alleato omertoso nelle monellerie, zerbino consapevole e schiavo di due nanette che fanno neanche 4 anni insieme…
Essere diventato nonno gli ha dato più gioia ancora del vedermi cresciuta, laureata e sistemata…credo che una delle sue paure più grandi fosse quella di andarsene senza aver conosciuto i suoi nipoti visto che ha perso suo papà prima ancora di sposarsi…
Mia mamma è stata una sorpresa in evoluzione perché pur avendo perso la testa anche lei per le marmocchie, il suo atteggiamento nei miei confronti è passato gradualmente da mamma ad alleata, come se all’inizio avesse paura che io non potessi farcela mentre adesso ha capito che può rilassarsi e fare la nonna e non la mamma al quadrato.
Con le nipotine è mooolto paziente e dolce ma sa anche far rispettare le regole e poi da brava prof trova gusto nel spiegare il perché e il percome di tante cose…
Certo, anche lei spesso si perde nel vortice e diventa zerbino (ma con dignità), anche lei si trasforma nella nonna-melassa: “queste bambine sono precocissime/intelligentissime/ha detto “nonna” (a due mesi) gliel’ho insegnato io!/io non ho MAI visto una bambina così sveglia!” (grazie)
Questo post lo dedico a loro, alla loro gioia e al loro entusiasmo ma anche alla loro forza che è in parte anche la mia.
martedì 4 ottobre 2011
Vivere per lavorare o lavorare per vivere?
Lavorare per vivere.
Decisamente.
Cioè, una persona lavora per assicurarsi una vita decente, per togliersi anche qualche sfizio...ma per quanto piaccia, il lavoro dev'essere un mezzo e non il fine. Non la ragione di vita, il primo pensiero quando ci si alza, ciò che riempie le giornate festive, Natale e domeniche comprese.
Purtroppo da quattro anni a questa parte lavoro in un posto (ma forse ce ne sono tanti di posti così...) in cui, sopratutto chi sta in alto (ma non solo, ahimè) pensa esattamente il contrario.
La vita per la ricerca, per il titolo, per apparire e farsi un nome...che poi diciamocelo: ma la ricerca, in Italia, quanto vale? Quando mai sentiamo di strabilianti scoperte nate dalle brillanti università italiane?
Comunque, dicevo, da quando ho il privilegio di contribuire anche io a questo grande progresso della scienza ho avvertito sempre più frequentemente intorno a me una incredulità prima, uno sdegno poi, che è sfociato infine nella umiliazione (mobbing?) per il fatto di aver messo al primo posto la mia vita privata.
Ora, chiariamo: ho messo al primo posto ma ciò non vuol dire che io abbia tolto qualcosa al mio lavoro, quando sono stata a casa per maternità ho fermato la borsa di studio (cioè non ho preso lo stipendio, non ho rubato niente all'università italiana...men che meno al mio illuminato, anzi "chiarissimo", professore!), ho fatto pochissime assenze a causa delle bimbe, ho sempre cercato di propormi e farmi avanti, proprio per far capire che anche se ero diventata mamma questo non mi impediva di pensare come prima alla mia attività di ricerca.
Nonostante il mio comportamento non sia cambiato, a mano a mano che passava il tempo mi sono accorta che il trattamento che mi veniva riservato era sempre peggiore e che più io cercavo di propormi più questo veniva preso come un atteggiamento arrogante (dovevo solo eseguire gli ordini, senza usare la testa!) finchè il dialogo si è affievolito sempre più, le cose di cui occuparmi sono diminuite, arrivando, dopo qualche scenata per futili motivi alla situazione in cui alcuni professori, incontrandomi, non mi salutano nemmeno!
D'altra parte cosa aspettarsi da uno che, all'annuncio che la bimba sarebbe nata a marzo mi disse: ”Ah, bene, allora può tornare tranquillamente a metà Aprile!”; oppure da una che, nel pieno della calura estiva, si compiace con una collega senza figli perché “noi si che siamo fortunate che possiamo dedicarci alla ricerca, pensi a quest’ora tutte quelle madri in spiaggia con i bambini!”.
Che sfiga, eh!
Purtroppo da quanto sento in giro la situazione è molto comune…è che noi donne abbiamo questo brutto vizio di fare figli!
Ma al di là del discorso maternità credo che per quanto un lavoro sia appassionante non debba essere altrettanto totalizzante, per un uomo come per una donna!
La vita è altro!
Fa solo molta tristezza pensare di essere giudicati, ostacolati e pressati psicologicamente per una scelta che dovrebbe restare una questione personale e non un indice della propria dedizione lavorativa.
Decisamente.
Cioè, una persona lavora per assicurarsi una vita decente, per togliersi anche qualche sfizio...ma per quanto piaccia, il lavoro dev'essere un mezzo e non il fine. Non la ragione di vita, il primo pensiero quando ci si alza, ciò che riempie le giornate festive, Natale e domeniche comprese.
Purtroppo da quattro anni a questa parte lavoro in un posto (ma forse ce ne sono tanti di posti così...) in cui, sopratutto chi sta in alto (ma non solo, ahimè) pensa esattamente il contrario.
La vita per la ricerca, per il titolo, per apparire e farsi un nome...che poi diciamocelo: ma la ricerca, in Italia, quanto vale? Quando mai sentiamo di strabilianti scoperte nate dalle brillanti università italiane?
Comunque, dicevo, da quando ho il privilegio di contribuire anche io a questo grande progresso della scienza ho avvertito sempre più frequentemente intorno a me una incredulità prima, uno sdegno poi, che è sfociato infine nella umiliazione (mobbing?) per il fatto di aver messo al primo posto la mia vita privata.
Ora, chiariamo: ho messo al primo posto ma ciò non vuol dire che io abbia tolto qualcosa al mio lavoro, quando sono stata a casa per maternità ho fermato la borsa di studio (cioè non ho preso lo stipendio, non ho rubato niente all'università italiana...men che meno al mio illuminato, anzi "chiarissimo", professore!), ho fatto pochissime assenze a causa delle bimbe, ho sempre cercato di propormi e farmi avanti, proprio per far capire che anche se ero diventata mamma questo non mi impediva di pensare come prima alla mia attività di ricerca.
Nonostante il mio comportamento non sia cambiato, a mano a mano che passava il tempo mi sono accorta che il trattamento che mi veniva riservato era sempre peggiore e che più io cercavo di propormi più questo veniva preso come un atteggiamento arrogante (dovevo solo eseguire gli ordini, senza usare la testa!) finchè il dialogo si è affievolito sempre più, le cose di cui occuparmi sono diminuite, arrivando, dopo qualche scenata per futili motivi alla situazione in cui alcuni professori, incontrandomi, non mi salutano nemmeno!
D'altra parte cosa aspettarsi da uno che, all'annuncio che la bimba sarebbe nata a marzo mi disse: ”Ah, bene, allora può tornare tranquillamente a metà Aprile!”; oppure da una che, nel pieno della calura estiva, si compiace con una collega senza figli perché “noi si che siamo fortunate che possiamo dedicarci alla ricerca, pensi a quest’ora tutte quelle madri in spiaggia con i bambini!”.
Che sfiga, eh!
Purtroppo da quanto sento in giro la situazione è molto comune…è che noi donne abbiamo questo brutto vizio di fare figli!
Ma al di là del discorso maternità credo che per quanto un lavoro sia appassionante non debba essere altrettanto totalizzante, per un uomo come per una donna!
La vita è altro!
Fa solo molta tristezza pensare di essere giudicati, ostacolati e pressati psicologicamente per una scelta che dovrebbe restare una questione personale e non un indice della propria dedizione lavorativa.