Un ricordo molto tenero della mia infanzia risale ad un periodo in cui alla sera, appena messa a letto, da brava sorella maggiore (molto mammina) raccontavo una favola a mio fratello. Avrò avuto 7-8 anni.
La cosa si svolgeva così: Io evocavo il libro magico delle fiabe e se lui non era già impegnato a farsi leggere da altri bambini (ovvero: se in effetti quella sera avevo voglia di inventami una storia) scendeva dal cielo ed entrava nella nostra stanza. Io avrei letto quel pezzo di fiaba che lui mi permetteva di vedere (ovvero: mi inventavo quel che potevo finchè la fantasia non si esauriva) e poi se ne andava, silenzioso e misterioso com'era arrivato.
Mio fratello mi ascoltava volentieri ed era molto affascinato dall'idea che io potessi evocare un libro magico che si materializzava solo nelle mie mani, ma dopo qualche tempo iniziò a dubitare dell'esistenza di questo oggetto che sarà stato pur magico ma era anche un pò troppo capriccioso (a volte arrivava, poi spariva, poi si interrompeva nel bel mezzo della trama).
Forse riconosceva nelle bizze del libro il carattere incostante della sorella?
Per non perdere la reputazione che mi ero costruita fino a quel momento, una sera, poco prima di andare a dormire, appoggiai un pezzo di carta sul comodino.
Una volta spenta la luce iniziai a chiamare il libro e con tono solenne dissi che mi aveva autorizzato a dare al fratello incredulo una prova della sua effettiva esistenza: accartocciando il foglio venne fuori un suono di pagine vere, che potevano essere sfogliate e lette!
La stima di mio fratello nei miei confronti schizzò da zero a 100 in due secondi e il fascino del libro magico durò ancora qualche tempo.
La mia prova fu talmente verosimile che quando, dopo molto tempo, dovetti ammettere l'inganno, lui non voleva crederci perchè in effetti aveva sentito il rumore di un libro e la delusione fu davvero grandissima!
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