Ci sono canzoncine e filastrocche dell'infanzia che se ne stanno sepolte nella testa per anni e poi saltano fuori d'improvviso, richiamate da una circostanza, da una parola, da una melodia.
È il caso della "battaglia di Magenta", riesumata all'asilo nido di Matilde che mi ha ricordato i tempi della mia scuola materna, quando la cantavamo in cerchio in mezzo al corridoio; oppure "il duca di barbabó", cavallo di battaglia della maestra delle elementari che ci faceva mettere in piedi accanto ai banchi e intonava questa canzone durante la quale bisognava alzarsi, abbassarsi o stare "a mezza via"; da qualche mese, svolgendo il mio secondo lavoro, cioè la tassista per le mie figlie, mi è sovvenuta un'altra canzoncina dell'infanzia, che suor Benedetta ci faceva cantare in sala musica, tentando di insegnarci il canone a due voci: la canzone del cuculo.
"Sentiam nella foresta/il cuculo cantar/ai piedi di una quercia/lo stiamo ad ascoltar/cucù, cucù, cucùcucùcucù!"
Mesi fa quindi, tornando verso casa alla disperata ricerca di un parcheggio, mi capitò un posto libero, e subito, per mascherare un'espressione di stupore poco consona alle orecchie innocenti, mi balenò in testa la canzone del cu-cù
Ovviamente la cosa è piaciuta alla più piccola e sveglia delle tre che ha registrato il fatto nella testolina.
Qualche giorno fa a scuola ecco la sciagurata occasione: una scheda da completare unendo l'immagine alla scritta.
"Maestra sai come ho fatto a sapere che quell'uccellino si chiama cuculo? Perché la mamma quando trova parcheggio canta sempre la canzoncina del cu-cù"