lunedì 7 novembre 2016

Federica

Una settimana fa è arrivata la telefonata. Quella telefonata che prima o poi, lo sapevo, sarebbe arrivata.
Solo che me la immaginavo diversa, magari dopo un periodo in cui ti saresti ritirata dal lavoro, magari saremmo venuti a trovarti a casa, ci saremmo preparati insomma.
E invece è successo tutto così d'improvviso, anche per te che avevi comprato la zucca da intagliare per Halloween e chissà quante cose avevi intenzione di fare, e invece.
Te ne sei andata in una giornata di sole così come il sole splendeva qualche giorno dopo, su un cortile gremito di persone venute per salutarti.
Impossibile pensarti chiusa lì dentro, impossibile perdonarsi di non aver trovato il tempo per venire a presentarti Matilde, impossibile realizzare che quando andrò in Dipartimento tu non ci sarai, non sentirò la tua voce allegra e lo squillare del tuo cellulare, non mi accoglierai con i tuoi occhi chiari e le tue domande, sempre interessata a tutto quello che facevo.
Quest'anno in quel laboratorio nessuno farà il presepe mettendoci dentro gli animaletti dell'ovetto kinder, nessuno appenderà il nuovo calendario, nessuno farà mille telefonate per incastrare recite e spettacoli e saggi di danza.
Tu eri così, attaccata alla vita, sempre in movimento, sempre verso gli altri. In tanti anni non ti ho mai vista demordere, hai combattuto quello che ti stava consumando affrontandolo in faccia, senza rinchiuderti ma continuando a tenere tutti i fili della tua famiglia e il lavoro e le amicizie.
Non ti volevi arrendere anche se ormai era chiaro che non potevi vincere.
Ti ringrazio Fede, per quello che mi hai insegnato, per la tua forza e il tuo coraggio che, ne sono certa, hai tirato fuori anche quando-forse-hai capito che non c'era più niente da fare.

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